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Speciale “Tutti alla Sbarra”: Una Delusione…Mondiale

Buonasera a tutti,

dopo 3 giorni la ferita non rimargina. Il senso di vuoto di un’estate che sarà tutt’altro che “magica”, come recitavano i versi di uno dei più belli inni scritti per una competizione mondiale (non a caso di cantautore italiano).

Lunedì sera alle 23 l’incredulità, l’impossibilità di pensare a un’ Italia fuori dal mondiale, rimaneva impressa nella mente e non accennava ad esaurirsi.

Quasi 2 ore per prendere sonno senza riuscire a capire i perché di una tale catastrofe sportiva, nel paese che ha il calcio incarnato nelle viscere, dove ogni bambino comincia a calciare un pallone talvolta prima di dire le parole “mamma” o “papà”.

Eppure tutto quello che ognuno di noi non immaginava neppure è successo. Alle 22 e 38 di un mite lunedì di novembre (gli scaramantici sottolineeranno la cattiva sorte che si trascina dietro il numero 13) l’Italia del calcio era fuori dai mondiali che si disputeranno in Russia tra il giugno e il luglio del prossimo anno.

Non ci soffermeremo a fare analisi sociologiche dell’evento, né tanto meno ipotizzare quali possano essere gli scenari futuri.

Rifletteremo soltanto sulle modalità e le tempistiche che hanno portato a questa immensa catastrofe sportiva.

Partiamo dal presupposto che probabilmente in molti hanno sottovalutato come dopo la sbornia del 2006, di cui molti, ancora oggi, tifosi compresi, sono ancora ebri, il declino, inevitabile, sia stato sottovalutato da tutti.

I risultati che ne sono scaturiti in seguito infatti hanno portato ineluttabilmente verso l’abisso che oggi viviamo in seguito all’incredibile notte di Berlino.

Il dato fondante è uno: oggi non è possibile in Italia mettere insieme un “equipe nazionale” nemmeno lontana parente di quella vittoriosa a Berlino. Il talento, seppur non manchi, latita più per personalità che per qualità individuali.

Ascoltavo dei video su youtube nelle giornate post-catastrofe (ieri e martedì) con cui mi sono trovato in linea, altri mi hanno lasciato sconcertato, altri che mi hanno provocato soltanto un’immensa rabbia, perché in fondo il play-off o spareggio mondiale come lo vogliamo chiamare, lo giocavamo contro una formazione, la Svezia (che ha meritato per applicazione e umiltà di sbatterci fuori da Russia 2018), ampiamente alla nostra portata. Non avremo più Pirlo, Del Piero, Totti, Toni, Cannavaro, Nesta e Zambrotta, ma pur sempre una formazione di un livello tale da permetterci di superare il “fiordo scandinavo” (anche se i fiordi sono in Norvegia, piccola licenza poetica).

Inutile nascondersi: il miracolo al contrario, parlando solo di cose di campo, quindi di questioni meramente tattiche, ha il nome e il cognome del CT Giampiero (s)Ventura. Mister Libidine aveva cominciato il suo percorso con un progetto chiaro: portare linfa nuova all’interno della nostra nazionale e dare una spinta emotiva in più nella ricerca di un gioco che caratterizzasse il nuovo corso. Con il 4-2-4 l’Italia ambiva a cancellare nella mente degli osservatori italiani e stranieri il luogo comune per cui siamo bravi soltanto quando ci difendiamo e poi agiamo di rimessa e/o contropiede. Il progetto si presentava ambizioso e l’allenatore, pur privo di un pedigree particolarmente elevato, avrebbe cercato di conquistare tutto lo staff e addetti ai lavori con idee nuove.

E’ andato tutto bene fino a quel maledetto 4 settembre (circa 2 mesi fa). Davanti la grande Spagna, umiliata soltanto un anno e mezzo prima all’Europeo transalpino. Un pesante 3 a 0 che ci ha riportati improvvisamente sulla terra, ma soprattutto ha riportato sulla terra il ct. I giocatori da una parte, guidati dai Totem di sempre (la Vecchissima Guardia) e l’allenatore, che ha pagato in quest’occasione la mancanza del carisma necessario per sostenere le pressioni sia dei grandi calciatori in rosa, della stampa e di un popolo, quello italiano, da sempre molto sensibile alle sorti della nazionale (durante i gironi di qualificazione specialmente quando si perde). Ha preso corpo da quel momento una vera e propria guerra di spogliatoio (stando almeno a quanto sta emergendo in questi giorni), emersa in tutto il suo fragore all’indomani della sfida pareggiata con la Macedonia in Ottobre a Torino, con l’arci-nota riunione tecnica a porte chiuse a cui hanno partecipato esclusivamente i calciatori, escludendo tutto lo staff tecnico; un chiaro segnale di delegittimazione del lavoro del tecnico, che il ct e il suo staff o hanno sottovalutato o accettato per quieto vivere.

Il miracolo al contrario di Ventura è stato da allora tornare indietro, accettando anche diktat di spogliatoio, dimenticarsi del suo credo e soprattutto mortificare il già non eccelso talento in possesso nella nostra squadra. E’ vero che i nostri giovani (Insigne a parte anche se non possiamo considerarlo giovane dati i suoi 26 anni), giocano poco nel nostro campionato, ma non riuscirli mai a metterli nelle condizioni di potersi esprimere al meglio delle loro possibilità: Insigne quasi terzino nel 4-2-4 non stava in piedi, così come la nostra “presunta” stella Verratti ancorato nel centrocampo a 2 (e poi a 3 a Sölna) dove poco ha potuto contribuire con le sue qualità. Ne è venuto fuori un 3-5-2 anomalo che non aveva niente a che vedere con quello di Conte perché mancavano i ben noti automatismi del tecnico leccese.

Inoltre il carisma di alcuni giocatori superava di gran lunga quello del ct stesso a cui è mancata l’autorità e l’autorevolezza per creare la stessa empatia che di solito si crea nei cicli vincenti o comunque ricordati con positività (come nell’ultimo Europeo).

Molti si sono cimentati in analisi ma a me interessa rilevare 3 punti con cui mi sono sentito particolarmente d’accordo:

  • Zenga nell’immediato post-partita aveva sottolineato come tra giocatori e tecnico mancasse empatia: aveva commentato l’ultimo europeo per la Rai e nelle partite aveva visto tra il tecnico (Conte) e i suoi ragazzi una connessione particolare, sensazione che non ha avuto nei 2 match con la Svezia e in cui io, nonostante non apprezzi particolarmente il personaggio, mi sono trovato d’accordo;
  • Fabrizio Bocca, editorialista della Repubblica (bloooog si chiama la sua rubrica), ha parlato addirittura di “presunzione”. L’assoluta certezza di passare il turno, di sentirsi più forti dell’avversario, “del dover andare ai mondiali per elezione divina”, ci ha paradossalmente fatto più male che bene. L’ha chiamata “Sindrome Cardiff”: anche la Juve era arrivata alla finale di UCL certa della vittoria per poi ritrovarsi senza nulla tra le mani e un paio di falsi miti distrutti da Ronaldo & Co. nella terribile notte gallese. A volte, secondo Bocca, ci sentiamo più forti di quanto in realtà siamo e poi facciamo figure onestamente non raccontabili;
  • Maurizio Compagnoni, volto di Sky Sport invece, ha fatto una disamina più ampia: parlando dei nostri giovani che non giocano nelle loro rispettive formazioni si è soffermato sulla mancanza di “fame”. Molti arrivano a 25/26 anni e sono esattamente come erano a 21, senza mostrare il benché minimo segno di miglioramento. Cominciare a guadagnare subito tanti soldi blocca il processo di crescita. Il caso Verratti ne è un esempio lampante secondo il commentatore Sky.

Questo ultimo punto ci permetterà di dare il via a un’analisi sul delicato momento generazionale della nostra nazionale e sugli orizzonti federali.

 

FINE PRIMA PARTE

 

Mariano Sconcertato

 

5 pensieri riguardo “Speciale “Tutti alla Sbarra”: Una Delusione…Mondiale

  • Attendo con ansia la seconda parte per commentare…grande Sconcertato.

    Nb: poi ti aiuteremo a capire importanza di inserimento foto e categorizzazione…uahuahauahauahu, smack.

  • Piccola parentesi, ho visto e letto anche io i tre pareri e mi trovo concorde soprattutto con Compagnoni.
    😉

  • Walter Bucci

    Quando le inserisco mi vengono male…Allora ho evitato…

  • Lupiae Calcio 1996

    L’ho inserita io. Alla prima pausa cesso utile mi immergo nella lettura.

  • Attendo con ansia la seconda parte! Quante novità sul sito!!!

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