Serie A Green
Il Gazzettino DomenghinoSTAMPA

Pensieri e parole

gazzettino domeghnio"La Megalopoli e il suo gregge"

Alla luce degli ultimi eventi di cronaca il direttore del Domeghino vi offre il suo personalissimo editoriale.

Napoli 9/11984-big-brother-poster-orwell_211/11 -Ritorniamo sulla terra, anzi, siamo convinti che di questo si tratti? La tv è sempre accesa (ahimè) e le immagini si susseguono cinicamente degne del teorema Orwelliano del Grande Fratello. Siamo i suoi figli, siamo davvero il prototipo garantito del prodotto “famiglia” Mediaset Premium? A soli 19 euro  ti portano a casa anche le istruzioni per come pulirti il culo e il ricordo dei miei nonni che entravano al San Paolo a dieci minuti dalla fine della partita di un certo Diego Armando si fa sempre più annebbiato. Gratis, la modalità che rendeva “libera” la partecipazione all’evento sportivo. Bello essere ipocriti da non considerare queste premesse come semplice retorica da progetto utopico.
Ma veniamo a noi, condividiamo la passione per ciò che resta l’ultimo baluardo della fede per il gol (“In gol we trust”) intesa come pura e incontaminata voglia di partecipare allo spettacolo sportivo chiamato Calcio con la C maiuscola. La Serie A Green è più di quanto potessi immaginare.
L’ancora dilogo serie a Green salvataggio in questo oceano di menzogne sapientemente confezionate per confonderci, tramortirci e farci assuefare al circo mediatico del pallone-show-business. Chi meglio della Green, può ospitare riflessioni sulle ultime notizie di cronaca giudiziaria (perché la cronaca sportiva è figlia d’altri tempi) che rimbalzano da Napoli sino al resto dello stivale? Parliamone, anzi, siamo davvero sicuri di voler anche solo prendere in seria considerazione le ultime novità? Non ne sono tanto certo ma sento comunque il bisogno istintivo di buttar giù due righe sconnesse su questa prosopopea chiamata Calciopoli.
Volendo citare la definizione di MEGALOPOLI – "un'area molto vasta a dimensione regionale urbanizzata, dove diverse aree metropolitane si uniscono e si amalgamano in un continuo ambiente costruito di grande dimensione. Il nuovo insieme assume i caratteri di una diversa e più ampia struttura urbana legata ed interconnessa" – mi permetto di sostituire metaforicamente alcune parole per adattare questa terminologia geografica al mio pensiero: "un'area molto vasta a dimensione globale ma tipicamente italiana, dove diversi interessi si uniscono e si amalgamano in un continuo ambiente costruito di grandi dimesnioni. Il nuovo insieme assume i caratteri di una diversa e più ampia struttura economico-sociale legata ed interconnessa".
Un pensiero legato a quanto, in fondo, l’evento Calciopoli sia espressione di una più ampia concezione di un sistema allargato che mira al controllo dei profitti derivanti dall’evento sportivo, che sfrutta la visibilità del prodotto calcio per fidelizzare la clientela (noi), rendendola miope e dipendente dal sistema stesso.
Ecco spiegata la scelta di utilizzare la Megalopoli come metafora di questo immenso baraccone, di questa versione “Mega” a cui non poter rinunciare, dove tutto è “gigante” per eccellenza, pena il crollo di un sistema dove i grandi numeri (merchandising, diritti tv …) vanno difesi allo strenuo fino a compiere atti illeciti (frodi, bancarotta, illeciti sportivi …) puntualmente legittimati da governi (leggi speciali …) che ne traggono beneficio in termini di P.I.L. annuale.
moggi-luciano4-anteprima-400x237-512732Magari ci sbaglieremo, ma è così che si sente il povero italiano-medio? Sono io l’unico a provare sgomento dinanzi a certe notizie bomba sbandierate a piacimento solo quando il ferro è caldo. Moggi colpevole in primo grado ecc… Si dimenticano, forse, che mezza Italia del tubo catodico (Sportitalia in primis … Criscitiello di merda!) e della carta stampata ha fatto carte false pur di assicurarsi la presenza di Lucianone nei rispettivi spazi mediatici quando tutto sembrava esser scomparso. Un processo epocale, significativo del classico colpo di spugna del mondo del pallone e non solo, dileguatosi nei meandri della pseudo ragion economica-deontologica delle proprietà dei mezzi d’informazione. “Dobbiamo fare il nostro mestiere … dare le notizie … ascoltare le due campane!”: ecco le prevedibili giustificazioni sulla presenza del Capo dei Capi sui nostri schermi, sui nostri giornali, sul web.
Se non bastasse, assistere ripetutamente all’idea della “Cupola”, dell’associazione a delinquere. Si fa di tutto per confondere, non far capire se di associazione si tratta e se il delinquente sia vittima o carnefice dell’organizzazione stessa. Perché di questo si tratta, crediamo. Non esiste un associazione, ricordate? “Una struttura economico-sociale”, di cui sopra, non presuppone un associazione “altra” se non per legittimare l’inesistenza della struttura stessa.
Una struttura/organizzazione “delinquente” per vocazione perché fautrice di norme e pratiche anti-sociali, anti-sportive e anti-economiche. Il solo fatto di identificare la parola “delinquere” nella sentenza è la prova provata di quanto si voglia, in realtà, nascondere la vera “ragione sociale” del sistema stesso.
PECORA_3Come può un processo legittimare l’esistenza di questa Megalopoli senza far si che la stessa collassi dinanzi alla verità delle prove che sono sotto gli occhi di tutti? Semplice. Basta far credere che da questa, si sia staccata una costola divenuta indipendente e talmente forte da essere responsabile dei mali dell’intera baracca. L’associazione a delinquere del signor Moggi, appunto. Quello che basta e avanza al “populino” per poter dire giustizia è fatta.
Chi di noi non sarebbe rassicurato da questa incredibile novizia? Dal credere che una volta abbattuto (non si farà un giorno di carcere cmq) il lupo il gregge è libero di pascolare? Tutti noi, credo, vorremmo che fosse così ma la nostra passione, intelligenza e conoscenza di questo mondo ci spinge verso altri lidi, verso quella consapevolezza che ci fa essere meno pecore di quanto si pensi. La lana per i loro maglioni continueremo a dargliela (ahimè), ma almeno lasciateci pascolare liberi nel recinto che noi stessi ci auguriamo di costruire.

Marcello Simonetti

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