Matusa d’Oro (Pensionamento più importante)
Quando un grande giocatore si ritira e va in pensione,
è sempre un onore fargli vestire la propria fantamaglia
nella sua ultima stagione agonistica.
Il Matusa d’Oro premia il miglior giocatore
all’ultimo anno di attività
2007-2008
PAOLO MALDINI (BLAKBLOK – MOLA): I fischi, meritati o meno che siano, non hanno scalfito, anche grazie al sapiente apporto dei media, l’immagine di Paolo Maldini. Sui campi di calcio impossibile muovergli una critica: esordisce praticamente adolescente nel Milan, poi raccoglie la pesantissima eredità di Franco Baresi e vince tutto, Mondiale a parte. Bruno Mola ha l’onore di fargli vestire l’ultima maglia Serie A Green della sua carriera: ovviamente rossonero Blakblok. Non arriva al Pallone d’Oro, si accontenti del Premio Matusa. VOTI 6
2011-2012
ALESSANDRO DEL PIERO (CUSCI – LORUSSO): da juventino qual è, Vito Lorusso sarà come tutti un po’ amareggiato per come è finita la fiaba in bianconero di Alex Del Piero. Ma da Presidente del Cusci, sarà orgoglioso di aver stampato il nome di Pinturicchio nella storia della sua franchigia, offrendogli una maglia rossoverde nella sua ultima stagione in SerieAGreen. Standing ovations e lacrime da Torino a Possidente. VOTI 12
JAVIER ZANETTI (DOMINGO – SIMONETTI): un’icona del calcio non solo argentino o italiano, ma mondiale. Non ce ne voglia un altro ritirato illustre, Nicola Legrottaglie atleta di Dio e del Flipper, ma dopo Baggio, Maldini e Del Piero la Serie A Green saluta un altro mostro sacro di questo sport, Javier Zanetti. Simonetti fiuta l’odore di punti Ranking e se lo accaparra all’asta di aprile: suo l’onore di fargli indossare l’ultima maglietta ufficiale del Circo. VOTI ?
2014-2015
ANDREA PIRLO (TERLIZZI – MEMOLA): Non si poteva non omaggiare Andrea Pirlo, che terminerà la sua strabiliante carriera nella MLS dopo averci deliziato con i suoi tocchi magici, i suoi passaggi fatti con un radar invisibile che hanno fatto impazzire centinaia di avversari, le sue traiettorie impossibili, sia negli assist che nei tiri, e quello sguardo apparentemente cupo, gitano come le sue origini. Forse lo sguardo dell’ultimo grandissimo campione italiano riconosciuto anche all’estero. Almeno per questa generazione.
ANTONIO DI NATALE (ACAB – GALLICCHIO): Quando nel 2004 rifiutò la Juve per sposare l’Udinese e il Friuli come scelta di vita, in tanti lo diedero per matto, senza forse avere tutti i torti. Napoletano, ha scelto di diventare la bandiera di Acab e Udinese, trascorrendo 12 anni nei quali è riuscito nell’impresa titanica di scalzare Zico nel cuore dei tifosi, regalando loro anche notti magiche in Champions League e in Coppa Uefa. E’ il sesto marcatore di sempre in Serie A con 209 gol. Uno che aveva tutti i numeri per rilanciare l’Italia post sbornia mondiale agli Europei del 2008, ma quel maledetto rigore ai Quarti con la Spagna (che da lì in poi avrebbe vinto tutto) ha condannato lui, Donadoni e tutto il nostro movimento calcistico a un dietrofront di cui paghiamo le conseguenze ancora oggi. Un episodio che non macchia anzi arricchisce la carriera di questo bomber funambolo che ci ha sempre messo la faccia, oltre a un piede destro infinitamente delizioso.
FRANCESCO TOTTI (CELTIC – BARBARO & SANTINI): “Chiedi chi erano i Beatles”, cantavano gli Stadio, nome mai più calzante per l’occasione. Su di lui, il suo passato, il suo presente, il suo futuro sono stati spesi, e vorrei ben vedere, oceani di inchiostro. In tutta onestà non credo che la mia penna dilettante possa aggiungere ulteriori emozioni a quanto già avrete avuto modo di leggere. Eppure ci ho provato. E riprovato. Ma niente, forse perché è uno di quei giocatori che inevitabilmente ti riporta a quando eri piccolo, addirittura ad epoche pre-fantacalcistiche (sembra incredibile ci siano state…), quando un bambino di 9 anni vedeva esordire colui che sarebbe stato uno dei calciatori italiani più grandi di sempre. E cosa può dire un bambino delle elementari di fronte a un monumento simile? Forse solo che con lui se ne va irrimediabilmente anche un po’ della nostra infanzia per lasciare spazio ai bambini di oggi, che forse non vedranno nemmeno un briciolo del calcio con cui siamo cresciuti noi, magari non più pulito ma di certo più romantico. E che forse non avranno più nessuna bandiera a cui appassionarsi. E sarà quello il momento in cui dovremo per forza trovare le parole giuste per raccontare la favola di una leggenda: quando ci chiederanno chi era Francesco Totti. Ma non ora. Non ora.
GIANLUIGI BUFFON (PIGNA – BUCCI). Con lui se ne va un altro pezzo della nostra fanciullezza. Di lui restano i trofei che ha alzato e i record che ha polverizzato. E due rimpianti. La Champions League, mai vinta, e – aggiungiamo noi – un Pallone d’Oro “scippatogli” nel 2006 da Fabio Cannavaro, proprio nel momento in cui per tutti diventò pacifico affermare di trovarsi di fronte al più grande portiere di tutti i tempi. Il solo meritevole di succedere a Lev Yashin, unico estremo difensore in grado di toccare il Pallone d’Oro coi guantoni. Dalla personalità controversa e ideologicamente opaca, è un predestinato sin dal suo esordio 17enne in Parma-Milan nel 1995, quando blocca sullo 0-0 i campioni rossoneri. Resta al fianco dell’amata Juve anche nella discesa agli inferi della B nonostante si sia appena laureato Campione del Mondo, e nei 12 anni successivi si riprende tutto con gli interessi, chiudendo dopo 23 anni tra i pali dello zebratissimo Bucci una carriera forse irripetibile, inimitabile, sicuramente memorabile. VOTI 10
ADP 10
Completo